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Cittā dei marchesati e delle Langhe

Le cittadine nel territorio delle Langhe e dei marchesati in Piemonte

Tra le città piemontesi Saluzzo è la sola, dopo Torino, che deve aspetti tipici della sua fisionomia all’azione di una corte: quella dei marchesi che da Saluzzo han tratto nome e che vi hanno dominato dal 1142 al 1584.
Dal 1584 al 1601 la città fu di proprietà dei Francesi, poi, salvo il periodo napoleonico, passò e rimase a Casa Savoia. La città si adagia , rivestendolo quasi completamente sul fianco nordorientale dello sperone roccioso con cui finisce sulla pianura il contrafforte spartiacque tra la valle del Po e la val Varaita.

La parte alta della città è come al solito la città medievale , ma accresciuta di reliquie artistiche originali in Piemonte.

A questa parte della città, dominata dalla imponente, fosca mole della Castiglia, il castello sovrano dei marchesi, si sale dal basso, seguendo alte e strette viuzze pavimentate di ciottoli e tratti di scalinata, talora chiusi fra i muri nudi od erbosi di frequenti istituti religiosi.Si può osservare la bellissima chiesa di san Giovanni, fiore dell’arte gotica, di cui è particolarmente ammirata l’abside.

Molto probabilmente prima della collina fu abitata la parte piana di Saluzzo, sapendosi dell’esistenza di due antichi borghi, qui creatisi per la posizione prettamente prealpina alla confluenza di più valli.

Ma l’intervento dei marchesi con la costruzione del castello decise, o favorì, la formazione del borgo superiore, dove ben presto si concentrò, insieme alla vita politica , anche quella civile e commerciale della città, cosi strettamente legata, attraverso il Delfinato, alle sorti della Francia.

La parte piana della città si forma nella prima metà del seicento, intorno ai ricordati nuclei preesistenti , nei pressi del Duomo, la più vasta chiesa del Piemonte, dopo la cattedrale di Asti. A poco per volta , mentre la vita cittadina è richiamata in basso soprattutto dal fiorente mercato, la parte medievale viene abbandonata dai suoi abitanti.
Le poche industrie di Saluzzo hanno, per gran parte, carattere artigianale, e quindi manca in città un quartiere manifatturiero ed operaio.

Qualche tocco di maestà e di grazia Casale Monferrato deve indubbiamente al fatto di essere stata per qualche tempo capitale del marchesato sotto i Peleologi. Maggiore sarebbe, tuttavia, il suo interesse monumentale ed artistico, se la posizione sul Po, là dove il fiume abbandona le colline del basso Monferrato per avviarsi all’aperta campagna lomellina, non le fosse valsa una grande importanza strategica, e per conseguenza una lunga serie di dominazioni varie, di assedi, e distruzioni.

Passò in mano a diversi potenze, Francia, Spagna, Duca di Mantova, e solo nel 1703 passò definitivamente a Vittorio Emanuele II di Savoia.

Cessava allora Casale di essere una delle più munite piazzeforti d’Europa. Ma la stessa posizione di chiave orientale dei domini Sabaudi, in una zona di contatto tra produzioni collinari e pianigiane diverse, favorì l’incremento dei traffici, per cui casale divenne un attivo centro commerciale.

Oggi Casale, conserva il perimetro poligonale che doveva essere quello delle sue potenti fortificazioni circumurbane. Vicinissimo al Po è il vasto spiazzo ove sorge il castello dei Paleologi. Tra gli edifici religiosi celebre è la chiesa di san Domenico e la basilica di Sant’Evasio, grandiosa costruzione longobarda del XI e XII secolo.

Quando si entra in Asti, non si può a meno di ricordare la sua posizione preminente nel Piemonte medioevale, e questo aiuta a far rivivere e a rendere parlanti le molte tracce, ancora esistenti, di quell’epoca gloriosa.
Ma Asti ha origini romana, ma di romano è rimasto assai poco. Colpisce invece subito il numero considerevole delle torri, delle case, e dei palazzi privati e pubblici.

Asti andò sotto il Ducato Longobardo, poi contea Franca, quindi comune recalcitrante al Vescovo e al Barbarossa, da cui venne distrutta, e finalmente schieratasi dalla parte imperiale, favorita dallo sviluppo dei traffici internazionali lungo la valle del Tanaro e dall’attività commerciale e bancaria dei suoi cittadini, svolge tesi in tutta Europa.

Asti era uno dei comuni più potenti del Piemonte, tanto che poté combattere per parecchio tempo contro i Savoia e i Angioini. Ma sul principio del XIV ci furono una serie di lotte interne, che portarono all’annessione allo stato Sabaudo, intorno al 1574.

Oggi si impone come centro di un fertile retroterra agricolo, celebre specialmente per i suoi vini e per le sue industrie enologiche, e rinomato per l’importanza dei suoi mercati , che hanno trovato sede convenientissima nella bassura della grande piazza Emanuele Filiberto, fra il centro cittadino e la stazione.

L’afflusso ad Asti dai dintorni è facilitato da linee ferroviarie locali e da numerose linee automobilistiche. D’altro canto, alla prosperità agricola della zona contribuisce la città stessa con i magnifici orti che si sono installati sui terreni alluvionali del Tanaro, facilmente irrigati mediante numerosi pozzi.

Potente comune nel Medio evo, come Asti, Alba non si è, in seguito, mantenuta all’altezza della vicina città rivale, soprattutto perché, pur essendo situata essa pure nella valle del Tanaro, è tagliata fuori dalle grandi comunicazioni con Torino, con Alessandria e Genova, ed ha una più ristretta zona d’influenza stradale commerciale, oggi limitata all’alta.

Il sito di Alba appare già popolato in epoca preistorica, ma romana è la fondazione della città, col nome di Alba Pompei. Rimase a lungo sotto la signoria dei Visconti; poi, diventata libero Comune, gareggiò con Asti nel commercio e nell’attività bancaria, intessendo anche accordi diretti con Genova. Sotto gli Angioini fu sede del governo regionale.

Dopo alterne vicende entrò a far parte dello stato sabaudo nel 1631, con la pace di Cherasco. La città, che si è sviluppata in un tratto di ubertosa pianura, alla confluenza del torrente Cherasca col Tanaro, poté contenere, entro la cerchia muraria poligonale dell’età romana, la popolazione dei periodi successivi: popolazione che, anche in epoca moderna, subì poche variazioni.

Ciò spiega anche come oggi si riconosca assai bene l’antica struttura urbana, col perimetro segnato da spaziosi viali, e con le vie interne improntate all’angustia e al disordine caratteristico del medio evo.

In seguito, la produzione ortofrutticola del suo retroterra l’incremento di una razza bovina locale, pregiatissima, in aggiunta alle sempre più famose risorse in tema di vini, dettero un sensibile slancio al movimento cittadino e all’immigrazione.

Oggi Alba ha un discreto movimento turistico grazie, alla fiera del tartufo e dalla rinomanza dei ristoranti e agriturismo locali.

Sebbene derivi il nome e l’antica fama dalle acque calde e medicamentose che vi sgorgano dall’interno del suolo, Acqui non è soltanto una città termale. Essa deriva piuttosto la sua dignità di città dal fatto di concentrare la vita di buona parte dell’alto Monferrato. E ciò fin da tempi remoti, da quando Acqui era centro romano col nome di Aquae Statielle: da quando era Ducato Lombardo e contea Franca e Comune della lega Lombarda.

Si assoggettò nel 1278 al marchese di Monferrato, e la sua rilievo regionale fu allora identificata col farne capitale del Monferrato al di qua del Tanaro. Subì poi altre diverse signorie. Nel 1708 passò ai Savoia. La città si formò e si sviluppò al principio ai piedi del poggio su cui venne poi innalzato il castello dei Peleologi, vicino alla confluenza del torrente Medrio con la Bormida, in un punto in cui la valle si allarga tra amene colline.

Nella pianta topografica si distingue chiaramente l’ambito della città vecchia, che, ingranditasi per successivi ingrandimenti di mura, intorno al 1700 conteneva quasi tutta l’area oggi contenuta tra corso Cavour, corso Dante, corso Viganò, il castello e i giardini, piazza san Guido, corso Roma: area contraddistinta dal solito dedalo di vie piuttosto strette su cui dannò altre case severe.

Il passaggio della città a Casa Savoia ne sviluppò la posizione in val Bormida, agli effetti delle comunicazioni con Alessandria e con Genova. E la città, fatta intanto capoluogo di provincia, iniziò ad ingrandirsi lentamente, sorsero intorno all’antico nucleo urbano costruzioni civili e pubbliche, su piazze ampie e vie dritte, che rinnovarono completamente il volto della città.

All’inizio del novecento Acqui, che già nei secoli precedenti aveva avuto qualche timido accenno di attività industriale, cominciò ad ospitare importanti manifatture.

L’interno della città ha assunto un più netto carattere termale e commerciale. Qui, di fatto, sono state costruite le nuove terme ed un complesso di imponenti alberghi.




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